“Era di una modernità straordinaria. Laureato in ingegneria. E’ un falso mito quello che dietro di lui ci fosse una famiglia senza mezzi – Falsa la convinzione di Enzo Ferrari che Romeo usasse le sue industrie, le sue automobili, per entrare poi in realtà nella politica – quando lui è ‘dovuto uscire dall’ Alfa Romeo’ è stato in un certo senso ricompensato con un ruolo di senatore, ma di questa cosa ci si è ammalato. E’ stato un contentino. Pensare di una disonestà totale, contraddice una vita di lavori, impegni. Anche gravosi, personali, esponendosi in prima persona”

MEZZOVICO – “E’ principalmente intorno alla nostra casa di Magreglio che noi generazioni nuove abbiamo il legame con questa figura, in un certo senso, direi al di là di quello che ognuno di noi prova individualmente. L’unico legame veramente tangibile dopo tutti questi anni, perché appunto, lo vedete qua, il bisnonno Nicola che gioca a bocce a Magreglio”.
Così Matteo Sartori, scrittore e pronipote del fondatore dell’Alfa Romeo mentre nel suo intervento all’evento organizzato da Culturalfa a Mezzovico commenta una fotografia familiare di Nicola Romeo proiettata sul maxi schermo, fornendo al pubblico un’immagine del bisnonno intima e inedita. Di sicuro, quello di Matteo Sartori, per il suo valore intrinseco e storico è stato l’intervento più atteso:
“Nicola Romeo se n’è andato nel 1938, per cui nessuno di noi presenti qua l’ha neanche intercettato. Neanche proprio da bambino. Però, in tutti questi anni, è attraverso la casa di Magreglio che per molti di noi questa figura è rimasta viva e ben presente in un misto di impressioni, raccolte da me, più o meno consapevolmente, nelle lunghe estati di bambini in cui vai, ritrovi una foto, qualcosa di dimenticato nei racconti di quella che era stata la mia nonna Irene, che era la sua figlia più piccola, e della sua sorella più vicina, che si chiamava zia Piera, o zia Pierina, che contavano e non raccontavano. Io chiedevo: Ma com’era?. Era molto severo sì, però allo stesso tempo era molto amorevole, rispondevano”.
Nicola Romeo era figlio della sua epoca. Era nato nel 1876 e pertanto sta nelle cose inquadrarne la figura tipica dell’uomo ottocentesco
“Ma per certi versi – ha continuato Matteo, figlio di Daniela Maestri Romeo e di Giannetto Sartori – era di una modernità straordinaria. Uno che si è laureato in ingegneria. E’ un falso mito quello che dietro di lui ci fosse una famiglia senza mezzi”.
Una versione biografica, quella di un Nicola Romeo nato da famiglia povera, che è ripresa in vari libri sulle sue origini copiata e ricopiata da un’iniziale stesura di autore ignoto.
“Dovrebbe far pensare il fatto che nell’Ottocento, nella Nuovissima Italia – ha continuato Matteo – saper leggere e scrivere ti mettesse in una posizione di notevole vantaggio in quella che era una Nazione a vocazione sostanzialmente rurale. Già questo, segnala qualche elemento di partenza per poter approdare poi a tutti questi risultati e questi successi. C’era però dal laurearsi a Napoli in ingegneria al finire in Belgio a Liegi a prendere un’altra laurea, un perfezionamento. Insomma ha fatto l’ Erasmus cento, centoventi anni fa, Nicola Romeo. Già questo, secondo me, è molto indicativo di una personalità estremamente curiosa, estremamente eclettica anche, come vedremo, allo stesso tempo però, un uomo molto tradizionalista”.
Un risvolto del carattere di Nicola Romeo, come si diceva, uomo del suo tempo, che emerge chiaramente quando si innamora e sposa Angelina Valadin, bisnonna di Matteo e di tutta una schiera di altri pronipoti, che era una nobil donna portoghese, pianista, che quando conobbe Nicola si stava perfezionando in canto lirico.
“Questo nonno viaggiatore, poliglotta, che parlava benissimo l’inglese, il francese – ha continuato Matteo nel suo racconto – le ha detto: “Tu farai la moglie, la mamma. Non pensiamo che tu possa poi fare parallelamente l’artista”. Quindi diciamo moderno, ma fino a un certo punto. Invece i risultati della sua opera sono evidenti a molti: quest’uomo ha fatto qualcosa di straordinario in un’epoca straordinaria in cui nasceva l’industria in Italia. Questo suo lavoro l’ha portato a Milano, che è stata dalle origini fondamentale. C’è qualcosa secondo me di molto interessante nella storia di Nicola Romeo. Cioè, sono anni in cui i pionieri dell’automobile mettono un’energia e un’ossessione che poi si manifesta nell’arte dei futuristi, nei confronti dell’oggetto”.
E se il nome di Nicola Romeo è noto perché abbinato all’Alfa Romeo, è Matteo Sartori a ricordare come la passione per l’automobilismo scatterà nella vita del bisnonno pioniere solo dopo la prima guerra mondiale.
“Nicola Romeo – ha detto – non aveva il pallino delle automobili. Aveva un’altra cosa. Aveva il pallino dell’innovazione tecnologica. E questa sua passione trovava applicazioni le più varie. Poi naturalmente, essendo un uomo del suo tempo, si è reso conto che l’Alfa Romeo era diventata il centro assoluto di questa sua passione. Che tutto questo suo eclettismo, per cui le ferrovie, le cucine a gas dello sforzo bellico durante la guerra, i motori per per l’aviazione, eccetera, si erano sovrapposti nella sua carriera.
Tuttavia, si è sempre avuta l’impressione che i fanatici puri dell’automobile non prendessero tanto bene questo suo essere eclettico. Nel senso che gli uomini dell’automobile, erano uomini d’azione. Era gente che si sporcava le mani, inebriata dall’idea della velocità. Poi fanno parte, sono nel dna dell’Alfa Romeo. Ma dubito che le automobili fossero esattamente nel dna di partenza di Nicola Romeo, che era una specie di inventore con varie diramazioni intellettuali. Per esempio amava molto la matematica al punto da elaborare dei suoi postulati matematici”.
L’approdo però è straordinario
“Questa mente così veloce – ha sottolineato Matteo – ci ha messo poco a capire, al di là dei risvolti di successo personale, economici, che l’automobile aveva. Una delle grandi intuizioni di Nicola Romeo è stata quella di capire che ‘vinci alla domenica e vendi le macchine al lunedì’: una regola che tutti hanno applicato”.
Matteo Sartori ha anche ridimensionato certe convinzioni di Enzo Ferrari sulla figura di Nicola Romeo
“Ferrari – ha detto – era convinto che Nicola Romeo usasse le sue industrie, le sue automobili, per entrare poi in realtà nella politica. Non esiste niente di più di più falso rispetto a questo. Senza entrare nelle vicissitudini finanziarie, è vero che quando lui è ‘dovuto uscire dall’ Alfa Romeo’, è stato in un certo senso ricompensato con un ruolo di senatore. Ma di questa cosa ci si è ammalato. E’ stato un contentino. Naturalmente è andato a Roma. Trasferito la famiglia. Lì si è applicato. Ma non era quello. Pensare di una disonestà totale, contraddice una vita di lavori, impegni. Anche impegni gravosi, personali, esponendosi in prima persona. Per cui questo approdo alla politica, che di fatto poi è avvenuto e che Ferrari ha sempre pensato: ‘Ma questo sta facendo queste cose non perché gli interessano le macchine, la velocità, ma perché potrebbe fare un’altra cosa, per arrivare al suo scopo’, ecco questo, secondo me, è molto scorretto. Tant’è vero che la condizione degli stati d’animo di Nicola Romeo, dopo la sua uscita dall’Alfa Romeo, è stata cambiata, nel senso, un uomo che si è addolorato. È anche interessante questa cosa, per cui si sa poco di Nicola Romero. L’abbiamo detto poco”.
Per tanti anni Nicola Romeo è stata purtroppo una figura minore. Oggi grazie a internet, ai social se ne parla un po’ di più. E’ un qualcosa che andava sottolineato e che Matteo ha sottolineato per arrivare a raccontare anche la famiglia di Nicola Romeo.

“Nicola Romeo aveva sette figli – ha ricordato – e di questi sette figli, fra cui la nostra nonna Irene e la zia Pierina, che erano le due più piccole, aveva tre figli maschi, soggetti interessanti tutti. Ognuno a suo modo, nel particolare, quello che doveva essere forse un po’ il destinatario di un’eventuale torcia da portare avanti nel XX secolo, il suo figlio maschio più grande, zio Maurizio. Grandissimo personaggio, elemento di straordinaria generosità, grande, sempre interessatissimo a tutte le cose dei ragazzi, dei giovani, sindaco di Magreglio dove stavamo, adorabile capitano d’industria. Ma ho sempre percepito e pensato che di tutti i suoi figli, quella più simile a lui, sarebbe stata la zia Pierina, in quanto intelligenza superiore straordinaria, una notevole capacità di inquadrare i problemi e che lui si teneva vicina. Ma naturalmente siamo negli anni 30. Lei aveva vent’anni e non è che passi alla tua figlia femmina qualunque cosa. Questo non succedeva”.
Nicola Romeo aveva dunque due anime, una industriale e una familiare, ci ha tenuto a dire Matteo. E per tracciare al pubblico il profilo più intimo del bisnonno ha letto due racconti scritti dalla zia Pierina e ambientati nella Magreglio dell’agosto 1925 dove si parla di un Nicola Romeo caposquadra sui circuiti del mondo sotto l’albero dei tre noci, suo luogo preferito del giardino
“Sedeva silenzioso ed assorto, il suo volto preoccupato e addolorato, uno dei baffi alquanto ingrigiti più in giù dell’altro, stava a dimostrare che qualcosa di molto triste era avvenuto. La morte di Antonio Ascari al circuito di Monza alla fine del mese di luglio. Carezzando la sua pelata cercavamo di consolarlo ed egli voleva una risposta al suo interrogativo. Perché Ascari all’ultimo giro, prima della disgrazia, aveva rallentato? I cartelloni esposti al box erano chiari. Primo mantenere il suo posto senza forzare il motore. A questo pensava Nicola Romeo seduto con la sua famiglia sotto i tre noci, rimpiangendo e piangendo uno dei suoi migliori piloti. Antonio Ascari, uomo forte, semplice, valoroso”.
“In quegli anni – ha considerato Matteo – i piloti morivano ogni domenica o ogni settimana anche nei test. Naturalmente quando è morto il grande pilota campione del mondo Ugo Sivocci, Nicola Romeo ha ritirato la squadra dalle gare successive. E subendo anche pressioni da parte della politica. Naturalmente è rimasto fermo. Questo per dire come anche quest’uomo avesse diciamo un aspetto anche molto umano, oltre a essere un capitano di industria che per forza di cose certe durezze avrà dovuto esprimerle”.
Il secondo racconto ha invece un tono diverso, il tono della festa per la figlia maggiore Elena che va in sposa misto alla malinconia per la perdita che ne seguirà in casa
“Magreglio, settembre 1930, tutta la casa è in festa. Tempo magnifico. Sembra ancora estate nell’erbe delle piante. Ancora qualche fiore. Nicola Romeo gira per la casa e con la moglie sorveglia la disposizione delle camere e gli invitati che stanno per giungere. E’ in arrivo infatti con una famiglia amica il futuro marito di Elena, la figlia maggiore, e la domanda di matrimonio avviene proprio a Magrelio. Si legge sul libretto tascabile dove ogni giorno segnava con brevissime frasi gli avvenimenti salienti, tristi e lieti: “Gioia nuova e profonda emozione il matrimonio della prima figlia. Una nuova vita comincia, un nuovo nucleo familiare, una nuova discendenza” . Ma la gioia magregliese, la festa dei cuori, sarà molto diminuita al momento del distacco da quella figlia, che fino a quel giorno gli è stata più vicina, e i figli rimasti in casa sopporteranno il suo malumore e il suo disappunto nel vedere all’ora dei pasti sei figli invece che sette”.
Ombretta T. Rinieri
Qui il video integrale dell’evento
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