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Varese celebra l’Epifania con il cammello dolce di pasta sfoglia

VARESE – Il cammello di pasta sfoglia è il dolce che a ogni Epifania si consuma a Varese. Secondo una leggenda, la tradizione troverebbe radici nella sosta che Federico Barbarossa fece in  città,  prima di raggiungere la Germania per donare all’arcivescovo di Colonia le relique dei Re Magi che aveva rubato a Milano nella chiesa di Sant’Eustorgio.

 

La forma fa riferimento alla cavalcatura tipica dei Magi, anche se, le tre maestà in realtà si spostassero nei loro viaggi anche con cavalli ed elefanti, simboli dei continenti Europa, Africa e Asia.

 

“I cammelli vengono cotti e venduti esclusivamente per la festa dell’Epifania e nascono di pasta sfoglia semplice – racconta Gabriela Ghezzi, terza generazione della Pasticceria Ghezzi che con i suoi 102 anni di storia è la più antica di Varese – poi sono arrivati quelli farciti con creme o panna, di pasta frolla con marmellata o crema e la frutta. Mio nonno mi ha raccontato più volte che, quando insieme ai suoi due fratelli decise nel 1919 di trasferirsi da Milano a Varese e aprire una pasticceria in corso Matteotti, fu proprio il pasticcere vicino dell’allora pasticceria Garibaldi, a prestargli lo stampo per fare i cammelli, il dolce tipico dell’Epifania di cui lui non sapeva nulla”. 

 

Negli ultimi anni l’usanza cucinare nei soli giorni del 5 e del 6 gennaio  cammelli in pasta sfoglia si è estesa anche alla provincia.   “Tradizione vuole – continua Ghezzi –  che gli ultimi tre cammelli che vengono cotti siano mangiati dalla famiglia e le zampe di questi cammelli siano incise a metà, simulando la corsa dell’animale in segno di  buon auspicio per l’anno appena iniziato».

 

La tradizione varesina offre anche altre specialità, dal Dolce Varese, realizzato dalla pasticceria Zamberletti intorno agli anni Trenta con zucchero, burro, uova, nocciole, mandorle e tre farine diverse (fra cui quella di mais) all’ l’Elixir al Borducan del Sacro Monte, un amaro creato nella seconda metà dell’Ottocento dall’erborista Davide Bregonzio che, dopo la sua partecipazione alla spedizione dei Mille, unì al profumo delle arance agli aromi delle erbe naturali del Campo dei Fiori. La ricetta è a tutt’oggi segreta.

O.T.R.