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L’Arcivescovo benedice il Centro Salesiano, sulle orme di papa Montini

ARESE – La dolci note della sonata 304 di Mozart e dell’Ave Maria di Schubert suonate  al pianoforte dalle sorelle  Annalisa ed Elena Catozzi della scuola di musica Ricordi hanno accolto l’arcivescovo Mario Delpini al Centro Salesiano, accompagnato dal vicario monsignor Luca Raimondi, dall’ispettore  salesiano don Giuliano Giacomazzi, dal direttore del Centro don Sandro Ticozzi, dal parroco don Diego Cattaneo, dal coadiutore dell’oratorio don Roberto Smeriglio  e dal sindaco Michela Palestra.

 

Delpini è particolarmente legato alla figura del cardinale Montini, il papa Paolo VI in procinto di essere dichiarato santo. E fu proprio Montini, come ha ricordato don Ticozzi, ad aver affidato all’ordine salesiano il 29 settembre 1955 “la porzione più in difficoltà della gioventù che era reclusa (ad Arese) per i reati commessi”.

 

Oggi – ha detto don Sandro – i giovani nel Centro Salesiano di Arese  sono 780 in sette settori professionali diversi. Venti sono nelle comunità di accoglienza residenziale. Quindici nel progetto “Michele Magone” per la scuola media e tanti altri sono presenti per il servizio del centro psicologico e il supporto scolastico. Le trasformazioni in ambito educativo richiesti dal cambiamento della società  non sono mai terminate . La sua presenza tra noi  ci incoraggia a investire secondo i segni dei tempi perché anche se le previsioni preferiscono gli spettacoli catastrofici, con lei vogliamo dare il benvenuto al futuro. Avvertiamo la promessa e l’adeguatezza di ogni proposta educativa e perciò desideriamo fare alleanza con tutte le istituzioni, iniziative che del territorio si prendono cura degli adolescenti”.  

 

 

Ad Arese Delpini ha passato del tempo negli anni del seminario: ogni domenica passava qualche ora con i ragazzi residenti del Centro Salesiano. Ne curava il catechismo. Giocava con loro. “Mi ricordo don Vittorio Chiari che ci guidava – ha detto- ci spiegava la psicologia dei ragazzi e le linee educative che qui si seguivano. Qui ho imparato un certo linguaggio e un certo stile di cui sono riconoscente.  Sono contento di essere  qui come arcivescovo e a dare una benedizione a quest’opera  che ha benedizioni ben più  solenni della mia, perché appunto Montini e poi tanti altri arcivescovi sono passati  da qui a dire che quest’opera è benedetta. Vi incoraggio a contagiare tutta la città con la vostra attività. Posso assicurarvi che il modo migliore per procurarsi la gioia è curare la gioia degli altri”.

Ombretta T. Rinieri

Articolo pubblicato su “Il Notiziario” del 31 gennaio 2020 a pag. 66