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Quarant’anni di Barabba’s: una finestra sull’impossibile

EVENTO – I clown di Arese si sono raccontati sul palcoscenico. Ricordato l’ideatore e fondatore don Vittorio Chiari

 

ARESE – Quest’anno i Barabba’s Clown hanno raggiunto il traguardo dei loro primi quarant’anni. Lo hanno festeggiato a loro modo con due magnifici spettacoli teatrali il cui ricavato è stato devoluto, come sempre,  in beneficienza.

 

Labirinto Mare”, scritto da Marcello Chiarenza e interpretato da Bano Ferrari, si è svolto sotto le stelle nella notte del 25 maggio nella pineta del Centro Salesiano di Arese. Un incanto avervi assistito. Il tempo quasi sospeso nella magica coreografia degli oggetti realizzati da tutta una comunità di ragazzi e famiglie, che hanno preso vita nel dipanarsi del racconto sulle origini del mondo: dal big bang alla formazione di aria, acqua, cielo, mare, stelle, alla nascita delle creature passando per il diluvio secondo Gilgamesh fino al Paradiso.

 

E se “Labirinto Mareè stato un sogno a occhi aperti sulla bellezza del creato, lo spettacoloAlla Ricerca del Naso perduto…” del 27 settembre scorso rappresentato al Cinema Teatro di Arese dagli attori Francesco Benzoni, Gianluca Previato e Francesco Giuggioli, con testi e regia di Ferruccio Cainero,  ha dato significato  sul perché e sul come in questo nostro creato l’uomo sia chiamato a stare.

 

La bontà, unica virtù che dona speranza a chi speranza non aveva più, è stato il filo conduttore di un viaggio nel tempo dove sul palco si sono mossi un don Chisciotte (Giuggioli)  con il suo Sanchez (Previato)  e un direttore (Benzoni), di mestiere orientatore, che nel moderno caos  non si orienta più.  Unica via d’uscita, ritrovare la traccia da dove si è partiti. Tornare indietro indietro, quando ad Arese  v’era un “istituto per giovani traviati” rinchiusi in celle e abbandonati al loro destino.

 

Il Brubaker  della situazione è negli anni 50 il salesiano Beniamino Della Torre. “Da quel luogo triste – recita don Chisciotte –  partì una riscossa. Tristezza e solitudine finirono nella fossa” (insieme con le chiavi delle celle). L’onestà divenne la regola, perché don Bosco condannava la bugia.  “Chi è bugiardo – diceva don Beniamino  – perde la stima  e nessuno più gli crede. Nemmeno più se dice la verità”.

 

A poco a poco il direttore ritrova l’orientamento, il don Chisciotte l’utopia e il Sanchez  (il clown) il suo  naso rosso. Ed ecco apparire sullo schermo in un filmato d’epoca  don Vittorio Chiari, il salesiano scrittore, giornalista ed educatore  che nel 1979 aiutò gli adolescenti dell’Istituto di Arese  a venir fuori da storie di abbandoni e disagi ricorrendo alla clowneria, l’arte  che cura l’anima con il sorriso.

 

“Io son partito con il teatro – racconta – a  un certo punto abbiamo presentato la gabbia in carcere dove ogni ragazzo ricordava se stesso. L’ultima volta fu a Seregno, in piazza. I ragazzi non vollero più recitare perché mi dissero <Soffriamo troppo a raccontare la nostra storia>”.

 

Nacquero i Barabba’s Clown e Don Vittorio si fece cucire un costume per recitare con loro. Il naso rosso sempre in tasca.

 

Si torna sul palco. “Bisogna avere fiducia l’uno dell’altro – recita il direttore  – sapere che quando uno di voi cade gli altri sono lì pronti a sostenerlo. Questo dà  forza e sicurezza. È importante poter contare sulla spalla…”.  “Bravissimo – gli fa eco don Chisciotte – sulla lealtà, come i cavalieri della tavola rotonda, compagni fedeli nella buona e nella cattiva sorte. Fratelli io ho piena fiducia che voi mi sosterrete ….”, e lasciata la lancia, pensando di essere sostenuto dagli altri due, rovina a terra. Aaah. Aaah. Ma intanto il concetto è passato.

 

Il flashback prosegue sullo schermo con i racconti dei ragazzi di Arese a tirar di lima o alle prese con il tornio: “Qui si capisce che cos’è il lavoro. È la porta verso la libertà”. Altro valore assimilato. E poi via in estate in Val Formazza, la casa salesiana delle vacanze per tuffarsi a 1800 metri d’altezza nel Toce, a pescar trote a valle o a correre scalzi come l’olimpionico etiope Abebe. E sul palco, al don Chisciotte che mena botte a destra e a manca, il direttore ricorda: “I ragazzi vanno trattati con fermezza sì. Ma sempre con rispetto  e giammai con la violenza”.

 

Scorrono le immagini. Scorrono i decenni. Si arriva alla tragedia del Rwanda e all’impegno dei Barabba’s per gli orfani del genocidio. Si passa ai videogiochi. “Piacciono ai nostri ragazzi”,  dice Sanchez. “Questi giochi non piacciono ai nostri ragazzi – gli risponde Don Chisciotte – sono i nostri ragazzi che piacciono a questi mostri. Se li divorano. Gli mangiano le cervella” e con la lancia attacca l’immagine ingrandita di un diavolo digitale mentre a tutto volume parte la musica di un rock metallaro.

 

La storia dei Barabba’s clown – ha detto a spettacolo concluso l’ispettore dei Salesiani Giuliano Giacomazziè la storia di una vita che è stata resa bella dove nessuno credeva potesse venir fuori qualcosa. La sfida è la bontà. Ora tocca noi sentirsi chiamati a sopportare il peso degli  amici. Della vita che non è sempre bella”.

Ombretta T. Rinieri

articolo pubblicato su “Il Notiziario” del 18 ottobre 2019  a pag. 65