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Tavola rotonda in Villa Valera sul mito Alfa Romeo

Evento & Ricordo – Una storia che però i giovani aresini conoscono poco

 

ARESERicordi epici. Sono quelli che ha raccontato Sebastiano Caprì, collaudatore per oltre trent’anni all’Alfa Romeo,  nel corso di un incontro organizzato in Villa Valera  dall’assessore alla cultura Giuseppe Augurusa  a margine del pranzo sociale dell’associazione  Seniores.

Al tavolo dei relatori insieme a Caprì e ad Augurusa, anche Marco Fazio, già direttore del Centro di documentazione del Biscione dal 2007 al 2015 e oggi istorical service manager club coordination della Fca Heritage che si occupa della storia dei marchi del gruppo.

Poi Ermanno Keller del direttivo Riar (registro italiano Alfa Romeo), Paolo Milani fra i consiglieri del Gruppo Seniores e Massimo Giuggioli, presidente del progetto Promotori Culturali di Arese nell’ambito del quale è stata portata avanti una ricerca sul rapporto storico tra l’Arese città e l’Arese Fabbrica.   

 

Sollecitato da Fazio, a sua volta orgoglioso di aver fatto di una passione il suo lavoro Caprì, che entrato al Portello a 22 anni ha lavorato sempre con Consalvo Sanesi (famoso pilota collaudatore morto nel 1998, ndr)  ha svelato qualche segreto legato a episodi mitici del suo mestiere che lo portava a guidare fino al limite della resistenza i prototipi delle automobili della casa milanese, perché per avere vetture così veloci e performanti bisognava che vi fossero nel tempo una grande ricerca e una grande sperimentazione.

Le Alfa Romeo – ha raccontato Caprìdevono essere stabili nella velocità, tenere  la strada, frenare. Provavamo i prototipi in tutte le condizioni metereologi, estreme e o avverse che fossero. Spesso si guidava di notte e spesso si andava all’estero.  Nell’81, per esempio, stemmo in Marocco, vicino ad Agadir, un paio di mesi per provare due prototipi sotto la pressione del forte caldo. Ci diedero una cartina con un percorso. Ma  a un certo punto il percorso non c’era più e chiedemmo la strada a un signore che parlava francese. Ci rispose: <Guardate, siete i primi europei ad arrivare qui>.  Un’altra volta dovevamo fare dei filmati nel deserto. Andando sopra una duna incappai nell’unico sasso che c’era in mezzo alla sabbia e ruppi la coppa dell’olio. Tornammo alla base grazie a un ciabattino che ci diede un pezzo di cuoio e della colla grazie cui rattoppammo la coppa”.

 

“Se ancora adesso vi sono appassionati alfisti  – ha detto Fazio – è grazie ai collaudatori come Caprì, persone che riescono a sentire le sensazioni più profonde delle vetture per collaudare macchine sicure. Per farlo devono  sfidare la velocità ed è capitato anche di trovare chi voleva sfidare loro.

Come quella volta – ha raccontato Caprì – che sulla Milano-Livorno  stavamo collaudando il prototipo di un motore 1800 turbo. A un certo punto una Bmw M3 si accorse delle mia velocità e non mi mollava. Io davanti e quella dietro. A un certo  punto mi fermo in un’area di servizio. Quello pure.  “Mi disse: <Io non ho mai visto un’automobile così veloce>. <Non ce ne sono>, gli risposi. Io non potevo dirgli che sarebbe uscita dopo qualche mese. Si trattava dell’Alfa 75 turbo. Il prototipo era montato su una Giulietta 1300 configurata turbo. Logicamente non si vedeva. La carrozzeria era normale.  Andava oltre i 220 kmh. Per fare la prova di rottura è necessario avere più potenza. Se non si rompe  a 220 tanto più non si rompe a 170 kmh quando viene venduta al cliente. Quindi quello lì è rimasto molto meravigliato. Io ero avvantaggiato anche come sospensioni. Erano vetture che solo l’Alfa Romeo  poteva fare. Molto performanti, con un peso molto ben bilanciato. Tutti i tecnici dell’Alfa Romeo venivano dal mondo delle corse. E’ così che l’Alfa Romeo è sempre stata davanti a tutti. Macchine più piccole davanti a macchine più grosse”. “Nella storia dell’Alfa – ha considerato Fazio – nessuno ha mai creato auto volendo che fossero solo belle. La forma è sempre stata piegata alla velocità e all’aerodinamica”.

 

Dal canto suo Keller ha svolto una veloce panoramica dell’attività del Riar, un’ associazione fondata a Roma nel 1962 da Francesco Santovetti, che ne fu il primo presidente, e dal collezionista Giorgio Franchetti. Al Portello giunge nel 1968 sotto la presidenza del giornalista scrittore Giovanni Lurani Cernuschi. Oggi ha sede al Museo Storico dell’Alfa Romeo di Arese. Conta 1300 soci in tutto il mondo con vetture che spaziano dagli anni 10 alle Formula 1 degli anni ’80. Una commissione tecnica si occupa delle certificazioni e ogni anno il Riar organizza tre o quattro raduni tra Italia ed estero.  

 

Paolo Milani dei Seniores ha parlato della cultura del lavoro attraverso le esperienze delle persone,  ricordando come l’associazione si spende per promuovere iniziative sociali e solidali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Arese ha due identità, quella della fabbrica e quella della città giardino. Con vite parallele ma distanti. I giovani dell’Alfa Romeo sanno poco. E’ quanto ha detto l’assessore Augurusa per spiegare la ragione storico-culturale del progetto di ProMotori Culturali finanziato da Fondazione Cariplo de diretto da  Giuggioli cui partecipano molte associazioni cittadine.

E’ un progetto – si è allacciato Giuggioliche ha cercato di portare la storia e la cultura dentro alla scuola attraverso una serie di iniziative che culmineranno il 25 maggio prossimo con un grande evento organizzato nel parco del Centro Salesiano. L’idea è di far riscoprire una passione. Oggi sembra  una cosa strana avere passione per il lavoro. Un po’  perché i giovani del lavoro non hanno una sicurezza”.

Ombretta T. Rinieri

articolo pubblicato su “Il Notiziario”  del 17 maggio 2019 a pag.72