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40esimo dei padri Betharramiti a Castellazzo: Il significato della loro presenza    

A destra padre Egidio Zoia, Salvatore Biondo e padre Ennio Bianchi

CASTELLAZZO DI BOLLATE – Qual è il significato della presenza di una Comunità di religiosi betharramiti in una piccola parrocchia come quella di San Guglielmo?  E’ la domanda di fondo alla quale i relatori hanno inteso dare una risposta ragionando sulla spiritualità del fondatore della Congregazione  San Michele Garicots e su come i suoi padri hanno saputo interpretarla nei quarant’anni vissuti nel borgo, seppure in due momenti distinti: dal 1976 al 1990 rispondendo all’invito a convergere su Castellazzo del cardinale Colombo; dal 1991 a oggi interpretando il nuovo  compito assegnato loro dal cardinale Carlo Maria Martini.

 

 

 

“Siamo a Castellazzo da quarant’anni – ha spiegato padre Ennio Bianchi – perché abbiamo voluto rispondere  al  carisma del nostro santo fondatore, che deve essere comunicato ai cristiani attraverso la vita e l’opera dei religiosi della Congregazione da lui fondata. Il titolo originario del libro di padre Duvignau tradotto da Mario Grugnola era: “Un maestro spirituale del XIX secolo”. Noi lo abbiamo cambiato in: “Un maestro spirituale per il nostro tempo”. Perché? Perché dopo duecento anni abbiamo colto tutta l’attualità del suo insegnamento e abbiamo considerato le somiglianze tra la sua e la nostra epoca. La sua fu segnata dalla rivoluzione francese che portò nell’800 a una separazione tra cultura cristiana e cultura laica e laicista con la nascita dell’individualismo, del soggettivismo e del relativismo.  Nel nostro tempo tali atteggiamenti si sono esasperati,  impera il secolarismo e molti cambiamenti hanno offuscato  la conoscenza e la pratica della parola di Dio”.

 

“Più il tempo passa – ha continuato padre Ennio – più il carisma di San Michele e l’azione pastorale a esso ispirata diventano attuali. La pastorale, ripete la Chiesa di oggi, deve essere incarnata. Sottolinea, come faceva San Michele,  la necessità di essere presente nel nostro tempo. Il santo, se non è storico, non è santo. Per esserlo,  deve assumere la realtà del suo tempo. E’ sempre un profeta e il profeta è colui che capisce la realtà del tempo in cui vive”.

 

L’incarnazione non fu soltanto il centro della riflessione spirituale di San Michele, ma ne divenne il motore dinamico dell’agire pastorale.  “Raccomandava e raccomanda ai suoi religiosi – ha sottolineato padre Enniodi incarnarsi con le opere nell’oggi della storia,  qui,  in questa concreta situazione, in ascolto e in risposta alle richieste del territorio. Per questo il tipo di presenza nostra in questi quarant’anni è mutata, secondo i mandati della diocesi e le esigenze pastorali che si presentavano lungo gli anni. La riflessione sull’incarnazione di Cristo, con il suo “Eccomi” non è mai disgiunta da un’altra riflessione, indivisibile e complementare: l’Ecce ancilla di Maria. Due “Eccomi” che San Michele indica come modelli insuperabili del cristiano, per il suo impegno nella Chiesa e nella società”.

 

Per il cristiano il libro sulla spiritualità di San Michele è un libro di riflessione, di ricerca. “In questa ricerca – ha detto padre Ennio – aiuta l’indice analitico, curato da Laura Cortese Grugnola a cui si deve anche l’immagine di copertina, che attraverso un arco del passato apre alle costruzioni contemporanee, simbolo della perennità di una dottrina che dal passato storico si dispiega nel nostro presente storico. Leggere questo libro è conoscere non soltanto un santo, il suo carisma e lo spirito della sua congregazione, ma imparare a non adagiarsi nel conosciuto, nell’ovvio, nel superficiale, ma a ricercare sempre oltre (come ha sempre fatto San Michele, perennemente insoddisfatto del raggiunto) perché Dio ci aspetta sempre oltre la linea già toccata”.

Ombretta T. Rinieri