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Il Centro Salesiano di Arese, una scuola per i ragazzi con l’intelligenza nelle mani

Intervista al nuovo direttore don Sandro Ticozzi, che ci racconta le tre comunità del Centro 

Il direttore del Centro Salesiano di Arese, don Sandro Ticozzi

Il direttore del Centro Salesiano di Arese, don Sandro Ticozzi

ARESE – E’ un ritorno a casa quello di don Sandro Ticozzi, da un paio di mesi direttore del Centro Salesiano di Arese. Nato a Milano 55 anni or sono, ha passato la sua giovinezza ad Arese quando negli anni 70 la sua famiglia si è trasferita ad Arese. Da ragazzo aveva il pallino della filosofia e delle scienze e una volta finite le superiori davanti al dilemma: “Cosa faccio da grande?”, con l’idea all’epoca che di filosofia non si vivesse molto, ha finito per laurearsi in chimica industriale.

La filosofia me l’hanno  fatta studiare ugualmente prima della teologia – mi racconta nella nostra prima intervista in via Della Torre –  e in realtà sono molto contento,  perché i pezzi si sono completati nel corso della storia”. Una vita che si mette insieme crescendo nell’ambito salesiano come animatore, educatore,  insegnante, preside, incaricato dell’ispettoria salesiana di Milano  della formazione professionale dei centri di formazione salesiani della Lombardia e dell’Emilia Romagna nonché responsabile di quella della Lombardia.

Una grande esperienza, eppure ha scelto di entrare al Centro di Arese in punta di piedi, mettendosi in ascolto, convinto che quando si arriva in un posto nuovo la prima cosa da fare sia imparare. “Non è la tua costruzione mentale – mi dice,  rispondendo a una mia domanda sulle iniziative che avrebbe intrapreso come neo direttore – che deve forzare l’ambiente dove vai, ma è l’ambiente dove vai che può essere arricchito dall’esperienza che tu hai maturato fuori. Ci si mette dentro e ci si lascia coinvolgere”.

centro-salesianoAl Centro Salesiano convivono la comunità professionale con le sue norme e le sue leggi, che risponde alla Regione Lombardia, e la comunità educativa pastorale con tutti i settori dell’accoglienza, per cui i ragazzi delle tre comunità alloggio, gli educatori, il personale che gira intorno loro. Vi è poi la scuola media con la sua ventina di ragazzini tra gli 11 e i 14 anni,  che è un po’ il ponte delle prime due realtà, perché è dentro nei servizi di accoglienza ma è anche fuori in quanto risponde alla scuola statale e come tale è integrata sul territorio perché sotto la direzione didattica di uno dei due circoli omnicomprensivi del territorio.

Alla formazione professionale sono iscritti quest’anno 730 ragazzi tra i 14 e i 19 anni,  che studiano dal primo al quarto anno in settori quali la  falegnameria- mobili, l’autoriparazione,  l’attività elettrica civile e industriale, la ristorazione, la grafica , la meccanica, le  macchine utensili e il florovivaismo. “Tutte attività di tipo operativo – spiega don Sandro – perché nella nostra esperienza  i ragazzi quando imparano a lavorare con le mani portano la gioia di aver fatto bene e questo li motiva, li fa crescere e li fa andare avanti”.

A differenza dei licei e degli istituti tecnici e professionali, che dipendono dal ministero dell’istruzione, i centri di formazione professionale dipendono dalla regione. Fino all’anno scorso la Lombardia completava  il percorso in toto, finanziando la qualifica dalla prima alla terza, il quarto anno per il diploma professionale e l’anno di raccordo che consentiva la maturità presso un istituto professionale e, infine, i percorsi ITS post diploma biennali. Un parallelo dell’università, ma di tipo tecnico. I crediti acquisiti consentono di entrare nei percorsi universitari.

2015-10-17 10.11.28Quest’anno la Regione ha tagliato i quinti anni, ridotto del 30% in finanziamenti dei quarti e i terzi anni sono condizionati in parte all’apprendistato. Inoltre   è stata contingentata tutta la formazione professionale, per cui non tutti quelli che volevano farlo hanno potuto iscriversi.

Diversa l’esperienza delle comunità alloggio, che sono accreditate per un totale di diciotto posti. Vi accedono ragazzi inviati dai servizi sociali, quindi hanno come responsabili non il centro salesiano ma i comuni di residenza. Non ci sono schemi. Ogni storia è a sé. Vi sono per esempio minori stranieri giunti in Italia non accompagnati le cui famiglie sono lontane o minori italiani che la famiglia d’origine ce l’hanno ma con cui magari stanno attraversando un periodo di difficoltà.

Le comunità alloggio sono divise per età. Due per la scuola media e i primi anni delle superiori. La terza accoglie ragazzi più grandi  che stanno facendo un tirocinio o un avviamento al lavoro ed è volta a indirizzarli verso l’autonomia. Tutti, in misura diversa,  soffrono del distacco o della mancanza  dalla famiglia. “Vorrebbero avere la vita bella di un ragazzo che cresce con la sua famiglia –racconta don Sandro – questo è nel cuore di tutti. Se la formazione professionale punta all’eccellenza  nel fare le cose, le comunità puntano al generare un ambiente di vita significativo per i ragazzi che hanno perso o che hanno fragilità nella loro condizione familiare o di storia. La scuola media punta a dare la possibilità di scegliere il proprio cammino futuro a ragazzi che hanno fatiche nel relazionarsi con lo studio, nella stabilità caratteriale o nell’attività didattica. Per cui la scuola media è un progetto sperimentale, assolutamente originale di intersezione tra la scuola media “Silvio Pellico” di Arese e l’orientamento educativo salesiano”.

Per i ragazzi delle comunità alloggio il Centro Salesiano non è un mondo chiuso. “Le sinergie che si creano – spiega don Sandro – è che alcuni delle comunità frequentano  la formazione professionale, altri le scuole fuori”. Per ogni ragazzo c’è un progetto preciso a seconda dell’età e delle sue risorse. Chi riesce bene a scuola può infatti frequentare anche un istituto superiore esterno. In questo caso esce alla mattina e torna alla sera, come se fosse a casa.

Ombretta T. Rinieri

(Il Notiziario – 23 ottobre 2015 – pag.73)