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I Salesiani Milanesi/Saper ascoltare e capire: le qualità dell’educatore

Nel bicentenario della nascita di Don Bosco (16 agosto 1815) e nel  60esimo dell’arrivo dei Salesiani ad Arese (29 settembre 1955),  flashback di una  monografia pubblicata sul quotidiano  “La Prealpina” del 5 ottobre 2002 – pagina 11

 

“Vogliamo far sentire in famiglia i giovani che ci sono affidati”

Don Nunzio Casati

Don Nunzio Casati

MILANO –  Nel Centro Salesiano di Arese lavorano 124 operatori fra docenti, formatori, educatori, personale di servizio, personale amministrativo e sacerdoti. 

Si tratta di una struttura tutoristica importante, “perché altrimenti – spiega Don Nunzio Casati – il rischio è di avere qui dei ragazzi in parcheggio che una volta fuori vanno a finire in carcere. Il fatto di averli qui tutta una giornata significa che a questi giovani bisogna dare delle attività, delle relazioni che siano al di fuori della scuola. Ecco l’importanza degli educatori”.

Dopo la giornata di studio e laboratorio (che termina alle 16), i ragazzi ospitati nel Centro sono seguiti nei compiti, nello sport e nei momenti ricreativi. Vi è tutta l’organizzazione della clowneria. “”Queste attività – continua Don  Casati – danno la possibilità al ragazzo di vivere, tra virgolette, in famiglia. Anche se per quanto si tenti l’educatore non sarà mai il padre e la madre”.

I ragazzi vengono divisi in piccoli gruppi, detti comunità alloggio, e ognuno di loro si rapporta con l’educatore e instaura con lui una relazione che nei casi felici riesce a bucare l’iniziale diffidenza e a sviluppare sentimenti di fiducia, stima e affetto. L’educatore lo aiuta a fare i compiti, lo porta a fare lo sport, mangia con lui, dorme con lui. Si tratta di un processo educativo dove l’educatore fa fatica col ragazzo e il ragazzo fa fatica con l’educatore”.

Attentissima è quindi la scelta dell’educatore, che prima di iniziare a lavorare  passa l’esame dello psicologo del Centro. Quale la preparazione?

“Potrebbero avere la scuola di educatori, che è una scuola universitaria – spiega Don Casati – , ma molte volte non basta quella, nel senso che non dà l’abilità a stare coi ragazzi”.

Non basta studiare psicologia per essere psicologi. Fondamentale è sentire con la pancia prima ancora che razionalizzare con la testa: saper cogliere gesti e situazioni, comprendere sguardi e silenzi, sapersi immedesimare, saper ascoltare, essere d’esempio. Tutte cose che non stanno scritte sui manuali d’uso.

O.T.R.