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Storia del Naviglio Grande, raccontata dall’antiquario Giorgio Pastore

Il Naviglio Grande è fra i luoghi storici di Milano. Nel ‘500 attraverso il Naviglio arrivavano in città  i barconi con le merci alimentari e non alimentari e sulle sue sponde era tutto un brulicare di artigiani della trasformazione, dai formaggi alle carni al riso e poi fabbri, armaioli, costruttori. Nello stesso modo arrivò dal lago maggiore il marmo del Duomo.

 

L'antiquario Giorgio Pastore e la pittrice Mitti, da anni impegnati in iniziative per la tutela del Naviglio Grande e delle botteghe storiche

L’antiquario Giorgio Pastore e la pittrice Mitti, da anni impegnati in iniziative per la tutela del Naviglio Grande e delle botteghe storiche

MILANO – “A inizio ‘900 questo era un quartiere di persone povere, popolari. C’erano i marinai dei barconi, c’erano gli artigiani, gli operai che a Porta Genova facevano i facchini. C’era un sacco di osterie antiche e un po’ di malavita. Malavita bonaria. Ladruncoli, più che altro. Poi, durante la seconda guerra mondiale, con i bombardamenti, sono venuti qui gli sfollati perché si pagava molto poco l’affitto”. E’ la storia vissuta del Naviglio Grande di Milano raccontata da Giorgio Pastore, vecchio antiquario di ‘Porta Cicca’, proprietario dell’ultima Bottega Storica del Naviglio Grande, “L’Arzigozzoviglieria” (da arzigogolare, gozzovigliare,ndr),  un negozio di tre vetrine che fu costretto a chiudere nel 2007 nonostante una petizione di oltre 5mila firme e un progetto di legge per la tutela delle botteghe storiche giacente in parlamento. Oggi sostiene l’iniziativa della pittrice Maria Teresa Piantanida, nota come ‘Mitti’, che dal 2010 è promotrice della “Sciarpa per il Naviglio Grande”,  il cui spirito è quello di un grande abbraccio ideale (teniamocelo stretto, ndr) di uno dei luoghi più ricchi di storia di Milano.

 

“Immagino che non dovesse essere facile vivere in queste case, con il disagio dell’umidità”, considero ad alta voce, mentre nella piccola bottega dello “Studio Mitti” al numero 4 dell’Alzaia Naviglio Grande, mi perdo a osservare i romantici acquarelli della “Venezia del Nord”, com’era soprannominata Milano prima dell’interramento dei navigli. “Ma no – risponde Giorgio – c’era tutto un sistema di vita differente. La gente abitava nelle case di ringhiera. Non aveva l’acqua in casa. Il bagno era in comune. La fontana era in comune. E vi era un tipo di vita molto solidale, molto rispettosa gli uni degli altri. Tanto è vero che dopo la guerra, quando sono arrivati gli immigrati dal Meridione, qui erano a loro agio. Magari gli davi del terùn, ma in modo amichevole. Si era amici comunque. Successivamente, quando Brera ha cominciato a trasformarsi in un ambiente un po’ lussuoso, si sono trasferiti sul naviglio anche i pittori”.

 

Il lusso fa scappare gli artisti? Chiedo sorpresa, considerando i costi delle opere d’arte. “Sì, certamente – mi dice convinto Giorgio, che prosegue nel racconto – arriviamo agli anni ’50. L’ambiente sul Naviglio era più confacente all’arte, all’innovazione, alla cultura popolare di Milano, a uno stile di vita che ricordava il passato. Onesto, laborioso, vivace, forte”. Giorgio è nato a Genova, ma da sessant’anni vive a Milano. Ormai è un profondo conoscitore dei milanesi. “Dopo i pittori, sono arrivati gli architetti – riprende il filo del racconto – i rigattieri che facevano la “Fiera di Sinigaglia”, i restauratori. C’erano degli artigiani bravissimi che avevano un orgoglio del loro lavoro e più che pensare al guadagno pensavano a eseguire lavori a regola d’arte. Piano piano si è formato un ambiente cosmopolita, variegato, molto affiatato. Un ambiente cementato dalla cultura milanese, che rispettava i valori umani. Ecco”.

 

Il Naviglio Grande

Il Naviglio Grande

Al Naviglio Grande sono legati i miei ricordi di ragazza. Negli anni 80, uscivo dal lavoro in zona Cordusio e spesso percorrevo a piedi via Orefici, Corso Torino. Arrivata alle Colonne di San Lorenzo, alle volte proseguivo per corso San Gottardo. Alle volte imboccavo la Darsena per una puntatina sui Navigli. Ma allora, per le mie tasche, non era possibile cenarvi. I locali erano costosi. Lo dico a Giorgio e a Mitti.
Quello è un periodo successivo – mi risponde Giorgio, sorridendo da sotto i baffi e la barba – prima ancora, proprio qui davanti, c’era la “Trattoria degli artisti”, che era un posto un po’ misto, dove venivano i miliardari e c’erano i malavitosi. Dove suonavano la chitarra e inventavano canzoni. Un po’ come la “Briosca” . A quei tempi, quando in un ristorante si pagava 2mila lire, qui si pagava 300 lire e si mangiava molto bene, perché altrimenti non lavoravano”.

 

Poi cosa è successo? Chiedo, ormai rapita dalla storia. “E’ successo – ripiega Giorgio – che qualcuno ha deciso che in questa zona si dovesse costruire. Un piano regolatore voleva distruggere tutto e creare un quartiere moderno. Milano è insorta. Abbiamo fatto le barricate sulle strade e quel piano è rimasto lì per un po’. Stiamo parlando del ‘78. Poi sono venuti degli imprenditori con tanti capitali. Hanno cominciato a comprare e ad affittare i locali. Ottenevano le licenze dei locali facilmente e poi li davano in gestione a prezzi elevatissimi. Man mano i costi degli affitti sono saliti e da quel momento il Naviglio è cambiato. I pittori sono stati sfrattati oppure costretti ad abbandonare gli spazi. E la zona, da quartiere di artisti e bottegai, si è trasformato in un quartiere per la movida, del divertimento e delle cose futili”.

 

Nel frattempo Comune di Milano e Regione Lombardia dichiarano “L’Arzigozzoviglieria” bottega storica e bene culturale del comune, ma lo sfratto esecutivo per cessata locazione costringe Giorgio a tirare giù la serranda nonostante i riconoscimenti ricevuti. Al posto dei mobili antichi un ristorante. “Non c’è stato niente da fare – racconta – però dal momento dell’avviso di sfratto al momento in cui me ne sono andato, abbiamo raccolto insieme a Mitti cinquemila firme per la tutela delle botteghe storiche e degli studi di artista, mentre altre settecento sono arrivate attraverso internet”.

 

Uno degli acquarelli dedicato al Naviglio Grande di Mitti

Uno degli acquarelli dedicato al Naviglio Grande firmato da Mitti

La bottega di Giorgio, l’ultima bottega storica del Naviglio Grande, è divenuta un simbolo da difendere.Le firme raccolte – conclude Giorgio – le abbiamo date all’allora sindaco Moratti. Abbiamo anche studiato una legge per la tutela delle botteghe storiche e degli studi d’artista su tutto il territorio nazionale: dove ne esisteva una, questa doveva essere dichiarata storica e non doveva esserne cambiata la destinazione d’uso. Il proprietario non avrebbe potuto sfrattare l’inquilino. Un pittore avrebbe dovuto sostituire un pittore. Tra l’altro il testo unico dei beni culturali prevede qualcosa del genere, ma è disatteso”. Giorgio Pastore,  con l’associazione Coinvolgente fondata insieme a Mitti, riesce a presentare un emendamento al Senato contro gli sfratti abitativi dei meno abbienti, che viene trasformato in ordine del giorno. Il governo Prodi lo accoglie come raccomandazione da discutere al più presto. Ma poco dopo cade e la legge è rimane lettera morta. “Successivamente – precisa Giorgio – una quarantina di parlamentari presentarono una proposta analoga alla nostra. Ma anche questa non ha avuto effetto”.

 

Nessun partito riuscì a far qualcosa? “Quando riuscimmo a far arrivare l’emendamento in Senato- ammicca Giorgio – tutti i partiti dell’arco costituzionale ci appoggiarono. Ognuno diceva: “Sì è giusto. Dobbiamo salvare le botteghe storiche. Dobbiamo. Dobbiamo. Ma non è stato concluso nulla. Intanto il tempo passa. Chiude un artigiano. Chiude un negozio. Chiude un pittore. E vedi che al loro posto arriva un bar. Al suo posto arriva un pub. Al suo posto arriva una gelateria. Al suo posto arriva un kebap. Che dopo un po’ chiudono e passano la licenza a un altro gestore, perché sono diventati troppi sul naviglio. E‘ stato deciso che qui doveva arrivare la movida ed è stato lasciato che venisse cancellato un patrimonio di cultura, d’arte e d’artigianato. E’ così al posto delle botteghe storiche si sono creati dei locali artefatti e si è trasformato il Naviglio, una delle poche zone di Milano che erano rimaste ancora autentiche, in una patacca”.
Ombretta T. Rinieri

 

nota storica

Il Naviglio Grande è un canale completamente artificiale derivato dal fiume Ticino, presso Tornavento, una località nel Comune di Lonate Pozzolo (oggi in provincia di Varese) e termina, dopo un percorso di circa 50 chilometri con un dislivello di 33 metri , nelle acque della darsena di Porta Ticinese in Milano. Il primo tratto è parallelo al fiume e segue l´andamento del terreno; ad Abbiategrasso piega con un angolo quasi retto verso est e si dirige, con lieve differenza di livello rispetto al piano campagna, verso Milano.

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