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Il ddl sulla diffamazione concepito per bloccare la libertà di stampa. L’allarme in un convegno a Milano

Ocse,  al momento non ci sono modi per evitare gli abusi della legge 

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MILANO –  Il progetto di legge sulla diffamazione, già approvato in Senato e  in discussione alla Camera, avviato l’estate scorsa sul nobile principio di eliminare il carcere ai giornalisti,  si è trasformato strada facendo, emendamento dopo emendamento, in un provvedimento fortemente lesivo della libertà d’informazione.  Il tutto in un periodo storico di grande corruzione.

L’allarme è stato lanciato lunedì 23 marzo a Milano nel corso di un convegno tenutosi a Palazzo Marino dedicato alla riforma della legge sulla diffamazione cui hanno partecipato autorevoli rappresentanti della stampa italiana e internazionale. Fra gli altri l’avvocato Caterina Malavenda, che specializzata nel diritto sui media ha illustrato il quadro normativo, e  Ulrike Schmidt,  esponente del segretariato Ocse per i diritti dell’informazione, il cui ufficio aveva dato sulla riforma italiana indicazioni precise di cui però Roma non ha tenuto conto.

Nel 2014 le cause temerarie nei confronti dei giornalisti italiani sono passate da 84 a 129 – ha ricordato il presidente dell’Odg Lombardia Gabriele Dossenaquasi tutte finite in nulla. La maggior parte sono avanzate da politici. Cinquanta su cento sono intentate sempre dagli stessi nomi. Di fatto è un’intimidazione che impedisce di lavorare con la giusta serenità. Bisognerebbe stilare una black list da divulgare all’opinione pubblica per far comprendere  come stia diventando pericoloso il nostro mestiere. Non si tratta di una difesa della corporazione, ma del dovere di mantenere alto il rapporto di fiducia tra noi e i lettori”.  

“Mi preme sottolineare – ha detto Ulrike Schmidt dell’Ocse  – l’effetto raggelante che le multe eccessive possono avere sulla libertà di stampa. L’accusa e i procedimenti sulla diffamazione sono una restrizione del diritto d’informazione e una maniera per limitare la libertà d’opinione, d’espressione dei giornalisti. La diffamazione è un reato concepito per estorcere loro denaro. Vi è infatti un crescente numero di casi in cui le accuse non chiedono la correzione della notizia, ma soprattutto denaro. L’Ocse combatte contro la criminalizzazione dell’informazione. Dal punto di vista degli standard internazionali, il fatto di poter scandagliare la vita dei politici o dei rappresentanti ufficiali dell’amministrazione del vivere civile è parte dei diritti umani. Ciò garantisce un alto livello di tolleranza da parte dei politici. La critica si applica ai rappresentanti politici, alle amministrazioni o anche a chi si occupa di organismi internazionali. I governi dovrebbero tollerare la vicinanza, il controllo, l’interesse profondo dei media nei loro confronti che indagano sulle loro azioni.  Il nostro organismo ha fornito delle indicazioni all’Italia in merito alla riforma, ma non se ne è tenuto conto e al momento non  ci sono modi per evitare gli abusi della legge”. 

La questione dei conflitti d’interesse mai risolta, l’assenza di una legge anti trust in linea con quella degli atri paesi europei e l’interferenza della politica nell’informazione sono i temi affrontati da Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, che ha richiamato anche la riforma della televisione pubblica: “Se dovesse passare, ci ritroveremmo con l’Esecutivo nel cda della Rai, che è un servizio pubblico. Chiaramente sarebbe inaccettabile”.

Paco Auduije del sindacato dei giornalisti spagnoli e Olivier Da Lage di quello francese, hanno presentato uno spaccato della situazione nei loro paesi. In Spagna i reati tipici dei giornalisti sono per ingiuria e calunnia. La prima è punita con una multa. La seconda con il carcere fino a due anni. Ma in quarant’anni la magistratura spagnola ha fatto prevalere il diritto all’informazione e la libertà di stampa, rispetto alle pretese per diffamazione.  In Francia vi è un tribunale specializzato sui media  e i magistrati sono molto preparati in materia.

Quando c’è un certo movimento dei politici per fermare la stampa – ha spiegato Franco Siddi, ex segretario della Fnsi oggi impegnato nella Federazione internazionale  dei sindacati di settore – questo movimento tende ad ampliarsi e a uscire dai confini nazionali.  In Francia come in Spagna come in Italia prevale il principio se i fatti sono veri non si può procedere contro i giornalisti. Prima di tutto i fatti veri e verificabili. Su questo non si transige. Inoltre devono essere rispettate le altre opinioni, anche se non condivise. Soli non ce la facciamo. Con gli altri paesi siamo più forti”.

Ombretta T. Rinieri