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Centro Giada: “Il nuovo centro commerciale non ci fermerà”

Antonia e Luigina di “Righe e quadretti” parlano della situazione dell’area commerciale di via dei Platani

Antonia e Luigina della cartoleria 'Righe e Quadretti' del Centro Giada

Antonia e Luigina della cartoleria ‘Righe e Quadretti’ del Centro Giada

ARESE – Il Centro Giada, sorto a metà degli anni 80, è il comprensorio  commerciale di Arese fra i più frequentati della città. Una trentina di negozi in galleria, fra interni ed esterni, il supermercato Conad, il Parco Giada Hotel e la biblioteca comunale. Al primo piano una serie di attività di servizi.

Le sorelle Antonia e Luigina della storica cartoleria “Righe e Quadretti” a marzo compiono ventitré anni d’attività. Come alle ‘Mimose’, stesse preoccupazioni per la crisi economica e per l’arrivo del centro commerciale sull’ex Alfa Romeo.  “Si sente la crisi – spiega Antonia – e sono cambiate le vendite. Il negozietto è diventato l’ultima spiaggia. Le nuove generazioni in primis si servono della grande distribuzione, segue internet e infine noi”.

Ventitré anni fa ad Arese le cartolerie pure erano otto. Oggi è rimasta solo ‘Righe e Quadretti’. Le altre, o hanno chiuso, o hanno aggiunto altri articoli come i tabacchi, i giochi del Lotto o l’edicola. La prossima apertura dell’Iper non faciliterà certo le cose.

State considerando l’ipotesi di chiudere?

“Di chiudere no – continua Antonia – perché purtroppo siamo ancora lontane dalla pensione.  Non abbiamo alternative. Stiamo cercando di affrontare la sfida orientandoci  su un tipo di merce che non arriva alla grande distribuzione”.

Potreste pensare di trasferirvi al centro commerciale…

“Assolutamente no – interviene Luigina – perché sarebbe un impegno oltre che economico anche di ore lavorative troppo gravoso” .

L’amministrazione ha in cantiere l’idea di spostare la biblioteca dal Giada al centro sportivo. Ritenete che ciò possa portare via del movimento al comprensorio?

“Un pochettino sì – dice Antonia –  quando gli studenti vanno in biblioteca e si accorgono d’aver lasciato a casa la penna, vengono qui a comprarla. Certo la singola vendita non è che faccia tanto, però metti questa e metti le altre,  alla fine il cassetto si riempie. Una singola goccia non fa nulla, ma tante gocce fanno il mare. Quello che in realtà a noi preoccupa di più qui al Giada è la concorrenza dei negozi cinesi, perché abbiamo l’impressione che partano avvantaggiati rispetto a noi”.

In che senso?

“Perché in generale ogni due anni cambiano intestazione al negozio e subentrano altre persone. Perché lo fanno? La loro concorrenza al ribasso è spietata – spiega Luigina – e questo succede perché ormai tutti i marchi fanno realizzare i prodotti in Cina. Dieci pezzi seguono il canale ufficiale e dieci prendono altre vie.  Adesso la gente chiede: “Ma è fatto in Italia?”. Ma in Italia non è fatto più nulla. Bisogna fidarsi della Giotto, piuttosto che della Vinavil o della Prike”.

“Eppure la qualità è importante per le stesse case produttrici – racconta Antonia – tanto è vero che spesso sui prodotti vi sono delle diciture che garantiscono la qualità del prodotto made in Cina”.

A tal proposito mi vengono in mente i temperini di metallo con lama tedesca, che qualche anno fa ho dovuto comprare a mio figlio in quantità industriale quando a me ne era durato uno per tutta la scuola dell’obbligo….

“Non è cambiato niente – dice Antonia – solo che una  volta non era così eclatante. Adesso per guadagnare di più tutti fanno fare tutto in Cina, ma la qualità è proprio scadente. E ricollegandoci al centro commerciale, visti uno visti tutti, perché entrano solo determinati marchi, che sono sempre gli stessi. Questo crea un appiattimento della scelta. Le cartolerie non esistono  più e per il resto, giri e giri trovi quel vestito, quelle mutande, quel pigiama. Non trovi il negozietto che è andato a trovare quell’aziendina con quella cosa particolare…”.

“Per il mio modo di vedere – è convinta Luigina – adesso non esiste più la via di mezzo: o c’è la fuffa o i capi superfirmati. E poi non siamo tutte alte due metri e magre come un chiodo”.

Quindi in realtà, anche se aprono il centro commerciale non vi è un alter ego della vostra cartoleria tale da farvi preoccupare?

 “Esisteva una catena che si chiamava ‘C’art’ – spiega Antonia – ora è rimasta solo in qualche centro. Tolto settembre, quando la gente va nei grandi magazzini per la dotazione iniziale, poi quando uno ha bisogno di una penna non va al supermercato. Sicuramente i primi tempi il centro commerciale attirerà moltissime persone.  Anche noi andremo a curiosare. Dopo basta. Personalmente, per esempio, in quei posti non trovo mai nulla e dopo un po’ devo scappare via perché la confusione mi dà fastidio”.

 Comunque al Giada siete forse fra i commercianti di Arese meglio organizzati, quelli che più spesso organizzano eventi per la cittadinanza. O no?

 “Organizzati è una parola grossa – risponde Luigina – perché anche qui vi è chi non vuol mai partecipare alle spese. E per fare certe manifestazioni bisogna spendere. Non è che la gente viene gratis. Inoltre chiudono i negozi. “Quanto Basta” ha chiuso. Il negozio delle biciclette, aperto solo l’anno scorso,  sta chiudendo.  Dopo di che gli aresini  si stupiscono che i negozi chiudono. Ma se non c’è nessuno che viene ad acquistare è inevitabile. Di questi tempi conviene essere un dipendente. Si è più tutelati”.

Ombretta T. Rinieri 

(Il Notiziario – 16 gennaio 2015 – pag. 72)