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“Non sono un corruttore e voglio la verità” Marco Scalambra parla dopo la scarcerazione

AGGIORNAMENTO: NEL 2017 MARCO SCALAMBRA E’ STATO ASSOLTO PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE

 

Il medico aresino era finito in carcere con l’accusa di aver corrotto il sindaco di Sedriano. 

Ora può dire la sua e ha tanto da raccontare

 

ARESE – Marco Scalambra, medico chirurgo aresino arrestato il 10 ottobre scorso nell’ambito dell’operazione “Grillo parlante“, è tornato in libertà da alcune settimane. Il suo arresto, in ottobre, aveva suscitato forte sorpresa e molto sconcerto, poiché l’inchiesta parlava di ‘ndrangheta, di voto di scambio tra politici e cosche, di corruzione e vedeva coinvolti personaggi molto noti del panorama politico.

A distanza di sei mesi da tale operazione, non si è più saputo nulla, nessuno sviluppo è emerso, fino alla liberazione ottenuta da Scalambra, non per scadenza dei termini di custodia cautelare, bensì per conseguenza di una sentenza della Corte Costituzionale, la 57 del 28 marzo 2013. Noi abbiamo incontrato il dottor Scalambra nella sua casa di Arese per fare chiarezza, fino a dove si può, sulla situazione non solo processuale ma anche umana.  “Mi hanno scarcerato – ci spiega partendo dal fondo – perché la sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che prima di arrestare una persona bisogna avere le prove confutabili”. Scalambra è stato in carcere sei mesi, di cui più di due trascorsi in isolamento completo, potendo vedere la moglie una volta alla settimana.

Ha pianto in questi sei mesi?

“Sì, ho pianto, ma non per disperazione, ho pianto per commozione quando leggevo le lettere degli amici, quando sentivo solidarietà. Io mi sentivo in carcere un po’ come Totò in quel film in cui prende le sberle da uno che lo chiama Pasquale, e lui ride perché dice: ma io non sono Pasquale!”.

Che cosa intende dire?

“Che io mi sono ritrovato in carcere per qualcosa che non ho assolutamente fatto, su questo sono del tutto sereno”.  Proprio questo è il punto che ha spinto Scalambra a incontrarci, perché vuole far emergere quella che lui non definisce “la sua verità” bensì la verità che emerge dai documenti. “Innanzitutto voglio chiarire che io non sono mai stato accusato di compravendita di voti con la ‘ndrangheta. La mia accusa è di corruzione nei confronti del sindaco di Sedriano Alfredo Celeste. E’ scritto al Capo 9 dell’Ordinanza di custodia cautelare.

Da dove nasce questa accusa e cosa c’entra lei con Sedriano?

“Io sono legato a Sedriano perché è il paese di mia moglie. Ci sono intercettazioni di Eugenio Costantino (l’imprenditore attorno alle cui intercettazioni ruota l’inchiesta. Ndr) in cui lui afferma, parlando da solo o con amici, che a Sedriano comandavo io, che ero proprietario di mezza Sedriano, che avevo comprato un terreno da 50mila metri quadri, che avrei costruito un villaggio e le terme, che avrei ricevuto appalti dal Comune…Io sono stato accusato sulle parole di Costantino, ma se solo avessero fatto qualche verifica, si sarebbero resi conto che erano parole infondate: io non ho nessun terreno a Sedriano, il terreno da 50mila metri quadri non è mai stato in endita e per giunta è nel Parco Sud, per cui non è edificabile, inoltre c’è una relazione che chiarisce che né io né mia moglie né la cooperativa sociale di cui ero presidente ha mai avuto appalti dal Comune. Ma nessuno fino a oggi mi ha ascoltato”.

Ma perché Eugenio Costantino avrebbe inventato tutto?

“Lo dice lui stesso negli interrogatori a cui è stato sottoposto: millantava perché soffre di uno sdoppiamento della personalità” , e ci mostra i verbali di tali interrogatori.

I difensori di Costantino hanno chiesto una perizia medica?

“Questo al momento non lo so…”.

Ma lei da quelle parole ha subito un danno grave…

“Certo che ho subito un danno grave, io e la mia famiglia, e ora dovrò affrontare un processo, se ci sarà un processo. Io devo dimostrare che non c’entro niente: sono stato accusato solo su parole, ma se avessero fatto verifiche, avrebbero scoperto che non erano fondate”.

Ci sono intercettazioni dirette fra lei e Costantino?

“Sì, certo, perché avevamo rapporti politici. Ce ne sono 12 fra telefonate e messaggi”.

E da quelle 12 intercettazioni emerge qualcosa in merito alle accuse che le vengono mosse? 

“No, non emerge nulla”.

Però c’è la vicenda dei 300 voti che lei ha offerto a Marco Tizzoni per il ballottaggio delle elezioni di Rho nel 2011. Come è andata?

“Certo, quei voti li ho promessi, ma in politica è normale, non sono voti pagati, tant’é che io non ho chiesto nulla in cambio; il mio obiettivo politico era di rafforzare un tentativo di riappacificazione nel centrodestra. Costantino mi aveva detto di avere quei 300 voti, che in realtà non esistevano neppure ma io non lo sapevo, così l’ho proposto a Tizzoni, che non li ha voluti. Ma questa è normale attività politica, tant’é che io non sono accusato di voto di scambio”.

Il suo obiettivo in politica qual è?

“Il mio obiettivo è fare attività politica di supporto, non quello di candidarmi”.

 Vede qualcosa di positivo in tutto quello che le è accaduto?

“Sì, la vicinanza di mia moglie, che è una donna forte, ma anche il fatto di non aver perso neppure un amico, perché nessuno di loro crede a quelle accuse”.

Ora lei che cosa chiede?

“Io come uomo voglio che venga fuori la verità”.

Piero Uboldi

Ombretta T. Rinieri

(“Il Notiziario” 3 maggio 2013 – pag. 64)

Qui la versione di Ester Catano, la giornalista del settimanale Altomilanese che si occupò della vicenda di Sedriano