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Mirco Rizzoglio difende lo Slai Cobas: “Unico sindacato rimasto vicino ai lavoratori”

In un libro di Pietro Ichino ipotizzati già nel 2005  l’ipermercato fra le varie soluzione per l’ex area Alfa Romeo e gli incentivi economici per gli operai

 a che cosa serve il sindacato

 

ARESE –“A che cosa serve il sindacato?”. Questo il titolo di un libro pubblicato nel 2005 da Pietro Ichino, già dirigente sindacale Fiom-Cgil, responsabile del coordinamento servizi legali della Camera del lavoro di Milano, deputato per il Pci, professore di diritto del  lavoro alla Statale di Milano, senatore per il Pd e oggi candidato per Italia Futura. Il sottotitolo parla di un sistema bloccato e della scommessa contro il declino e porta a sostegno di talune sue tesi volte a liberalizzare il mercato del lavoro, ingessato tra lavoratori garantiti e non, il caso dell’Alfa Romeo di Arese per arrivare a sostenere che a causa delle rigidità sindacali chiuse a riccio nella difesa della politica di reinserimento lavorativo degli ex alfisti nell’area si sono perse opportunità importanti come l’insediamento al posto di Fiat della giapponese Nissan che alla fine scelse la Gran Bretagna per produrre la sua “Micra”. 

I principali imputati di questa politica sarebbero stati la Fiom, la Flmu-Cub  e lo Slai Cobas. Nell’accusa, neanche tanto velata, con la loro pervicacia nel voler ottenere a tutti i costi a colpi di blocchi stradali e manifestazioni il rispetto degli accordi per il reinserimento lavorativo delle tute blu sottoscritti in Regione Lombardia tra sindacati, amministrazioni locali e proprietà dell’area avrebbero in realtà attuato una politica sindacale deleteria. Perché favorendo il ricollocamento collettivo piuttosto che quello individuale o a piccoli gruppi, anche fuori dall’area, si è rinnovata di anno in anno a svantaggio dei lavoratori interessati la finzione della permanenza in vita dei loro posti di lavoro per “consentire l’intervento della cassa integrazione guadagni”. Cui segue, per tutto il capitolo Alfa Romeo, una strisciante accusa ai sindacati di aver strumentalizzato i lavoratori. “Certi accordi sindacali – scrive Ichino riferendosi qualche pagina addietro a quello sottoscritto con l’accordo di programma del 1997 che prevedeva l’assorbimento di due lavoratori ogni mille metri quadrati di area occupati – vengono stipulati da entrambe le parti nella piena consapevolezza che si sta partecipando a una finzione. Quando l’accordo impedisce il licenziamento di lavoratori il cui posto non esiste più…il sindacato sa benissimo che si tratta solo di un differimento e non di una soluzione del  problema”.

Ma contro l’accusa allo Slai Cobas di aver strumentalizzato i lavoratori, che ogni tanto è lanciata da qualche politico sul territorio si è espresso con noi del “Notiziario” l’avvocato Mirco Rizzoglio che sta difendendo gli ex alfisti licenziati da Innova Service in Tribunale a Milano: “E’ esattamente il contrario – dice – i lavoratori hanno trovato l’unico sindacato che non li ha mollati al loro destino e che li ha  difesi affiancandosi a loro in una battaglia che è durata anni. E questo è un vanto”. 

Ma non per Ichino, secondo cui al posto dell’esigua occupazione a singhiozzo garantita dai sindacati, a cavallo tra le pagine 61 e 62 propone: “…la Fiom e tutti coloro che l’hanno sostenuta nella battaglia di Arese dovrebbe spiegare in che cosa i 145 posti comparsi all’orizzonte per la fine del 2005 sono ‘migliori’ rispetto ai dieci (se non venti) volte tanto che avrebbero potuto essere attivati già tre anni or sono (2002, ndr) in un polo di servizi logistici, in un centro commerciale, in un’attività  artigianale o in una qualsiasi delle altre iniziative  imprenditoriali che sarebbero potute fiorire in quell’area se per tutto questo tempo non si fossero fatte le barricate per impedirlo, fino a far scappare  persino le imprese che ad Arese si erano insediate…”.  Considerato che il signor Marco Brunelli di Finiper ha dichiarato nel dicembre scorso di aver atteso quattordici anni per raggiungere il suo obiettivo prefissatosi nel 1998, è buffo che nel 2005 Ichino ipotizzi per Arese l’arrivo di un centro commerciale quale panacea occupazionale. E chissà se nel 2000 Arese non si candidò quale sito per la Nissan perché già si stava lavorando per l’ipotesi commerciale. Ma a pagina 32 Ichino raggiunge notevoli doti di veggenza: “A ben vedere, però, se davvero il problema fosse soltanto quello di “sortirne insieme”, senza rinunciare alla solidarietà con i più deboli, lo si potrebbe risolvere negoziando una solida garanzia di sostegno del reddito per il periodo di disoccupazione accompagnata da servizi efficienti di informazione e orientamento, assistenza intensiva nella ricerca del nuovo lavoro, riqualificazione professionale mirata. In una zona come quella di Arese sarebbe molto facile – e assai meno costoso per tutti rispetto ad anni e anni di cassa integrazione – ricollocare mille operai …dal primo all’ultimo e in poco tempo, con un rilevante incentivo economico per tutti e un congruo indennizzo ulteriore  per coloro che da questo passaggio dovessero risultare penalizzati. E’ questa la  soluzione delineata dall’accordo Fiat-Governo del dicembre 2002, le cui prospettive di successo in quella zona sarebbero molto elevate e potrebbero essere facilmente trasformate in vere e proprie garanzie, se il sindacato fosse disposto a impegnarsi su questo terreno”.    Vi ricorda niente?

Ombretta T. Rinieri 

(“Il Notiziario” 15 febbraio 2013 – pag. 72)