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Se non si pagano 91mila euro entro questa settimana, AmiAcque chiude i rubinetti a piscina e centro sportivo

2013-04-02 19.21.32ARESE – Giovedì 15 marzo l’ufficio recupero crediti di Amiacque ha ordinato a Fondazione Arese Cultura e Sport di far fronte entro sette giorni al versamento di 91.195,40 euro per le fatture emesse relative a consumi pregressi di acqua potabile al centro sportivo “Davide Ancilotto” rimaste inevase nonostante i ripetuti solleciti. Decorso il termine senza il versamento dovuto, la presa verrà chiusa.
Come è noto Facs è priva di fondi e oberata di debiti per cui difficilmente potrà adempiere all’ordinanza di chiusura di Amiacque. Se alla minaccia dovessero seguire i fatti è molto probabile che il centro sportivo debba chiudere i cancelli. A differenza delle altre utenze come elettricità e gas, Amiacque è l’unico fornitore di acqua potabile e il suo rubinetto non alimenta solo la vasca della piscina (dove sono a rischio i corsi di nuoto già pagati dagli utenti) ma anche l’acqua in palestra, il bar, lo spogliatoio del tennis, la bocciofila, eccetera. E infatti pare che Arese Sport abbia già inviato una lettera a Fondazione ricordandogli che se l’acqua viene chiusa il bar smette di funzionare (era stato fermo nel periodo natalizio durante il quale era stato lasciato a casa il barista titolare, ma con l’inizio del nuovo anno ha riaperto con un nuovo barman dietro il bancone).
Sulla nuova questione che investe il centro sportivo vi è una diatriba a distanza tra la società Intese e Facs per la quale il partner speciale chiede conto a fondazione su come abbia speso i 190mila euro versati dalla società romana a Facs nel settembre 2010, mentre dall’interno di Facs qualcuno ufficiosamente recrimina sul fatto che se Intese avesse interamente versato nell’agosto di quell’anno (e non in settembre) i 380mila euro previsti dalla manifestazione d’interesse la fondazione sarebbe stata in grado di far fronte alla totalità dei debiti così com’erano stati stimati. E che per quanto riguarda l’acqua si tratterebbe di un iniziale debito di circa 200mila euro ereditato dal Ccsa che al momento del proprio insediamento fondazione dovette transare con Amiacque sottoscrivendo un piano di rientro. Successivamente smise di elargire a Facs il contributo o vi ottemperava con ritardo. A sua volta il Ccsa divenne moroso sui canoni e la fondazione, priva dei mezzi finanziari necessari, non poté più far fronte alle bollette.
O.T.R.
(‘Il Notiziario’ – 23 marzo 2012 – pag. 70)