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Gelmini, il paradosso di un’Italia che non investe nel suo futuro

La riforma allunga i tempi di permanenza in una scatola sempre più svuotata di competenze e risorse, pressa i ragazzi e toglie loro la gioia d’imparare. Il dramma dei licei artistici dove la creatività viene soffocata dalle politiche di risparmio del Ministero dell’Istruzione. Il caso del ‘Fontana’ di Arese.

 

L’ingresso del liceo artistico “Lucio Fontana” , sito in quella che era un’ala della scuola elementare della frazione di Valera .

ARESEBambini e giovani sono il futuro del Paese. Ma per loro i politici riservano tante belle parole e pochi fatti. E’ l’amara conclusione che si tira ascoltando i racconti degli studenti del Liceo artistico “Lucio Fontana” di Arese, costretti a perenni battaglie per poter studiare decorosamente.

 

Dopo quella estenuante (durata qualche anno), per ottenere delle aule prefabbricate che alleggerissero il sovraffollamento del plesso, troppo piccolo rispetto alle esigenze del ciclo, si ricomincia daccapo con la riforma Gelmini, che sta svuotando di contenuti il percorso formativo dell’artistico e dilatando il tempo scuola in modo talmente parossistico da alterare tutti i normali ritmi di vita dei ragazzi.

 

Con le ore di sessanta minuti, anziché di 50, sono state per esempio eliminate materie importanti come diritto ed economia e si sono allungati i tempi di permanenza a scuola. Su sei giorni, tre prevedono l’uscita alle 15.10 e tre alle 15.30 (contro le 13.30 e 14.30 dell’anno scorso), con tempi di pausa di 20 minuti divisi in un intervallo di 15 e uno di 5 in cui non è permesso uscire dalla classe.

Non è un intervallo – dicono i ragazzi – è una pausa”. Diversi di loro, che abitano in comuni distanti e sono costretti a prendere i mezzi pubblici, arrivano a casa alle 17 del pomeriggio. Nemmeno il tempo di appoggiare lo zaino, che devono preparare una tavola d’architettura, fare i compiti di matematica o studiare le materie.

 

Non esiste la mensa. Il pranzo è servito da un solo paninaro per raggiungere il quale gran parte dell’intervallo se ne va facendo la fila. Per inserire la mensa e migliorare l’alimentazione dei ragazzi, due genitori del consiglio d’istituto avrebbero proposto di eliminare l’intervallo. L’idea è quella di un’unica tirata fino alle 14. Cui seguirebbe una pausa di 40 minuti per mangiare. Poi ancora lezione e uscita alle 15.30. Una soluzione che si riversa sui docenti, i quali si dovrebbero dividere tra chi va in mensa e chi resta in classe, tra chi fa l’intervallo e chi no, tra chi esce e chi resta. “Troppo disagio – dicono i ragazzi – tanto vale portarsi qualcosa da casa e l’educazione alimentare c’è lo stesso”. Il gioco non vale la candela.

 

Con questi orari – spiegano gli studenti del “Fontana” – abbiamo rinunciato alle attività sportive e quelle sociali sono molto limitate. Se torni a casa alle cinque e il giorno dopo hai una verifica, il tempo d’uscita con gli amici è molto ridotto. Si studia un po’ alla volta per non ritrovarsi il malloppo di 80 pagine, ma le materie sono tante, i compiti ci sono e le tavole da fare anche. Si ha sempre la sensazione di non farcela. Se poi si perde la lezione quella parte di appunti non la si recupera più. Anche per questo si è molto tirati”.

 

A complicare la situazione il continuo taglio dei trasferimenti da Roma per l’acquisto di strumenti, materiali di consumo o l’utilizzo della modella. Le materie d’indirizzo, come per esempio l’arte pittorica, necessita della presenza costante degli insegnanti, a loro volta ridotti all’osso. “Noi siamo un liceo artistico – sottolineano gli allievi – e abbiamo perciò bisogno di lavorare con il professore, di essere accompagnati, di lavorare con i materiali. Abbiamo bisogno di quelle ore. Se ce le tagliano, se non abbiamo i fondi per comprare la creta, per comprare i fogli o il materiale adatto nelle ore di plastica che già sono poche che cosa facciamo?”.

 

“Se l’anno scorso le quarte avevano la modella tutto l’anno – afferma Bianca Visentin, docente di discipline pittoriche – quest’anno è rimasta solo nelle quinte. L’anno prossimo, quando i ragazzi delle attuali quarte affronteranno la maturità, saranno meno preparati perché avranno avuto un monte ore di esercizio inferiore. Speriamo che avranno comunque la capacità di affrontare la prova dal vero del nudo. Non che la modella sia fondamentale, però nemmeno toglierla del tutto perché non ci sono i fondi!”.

 

Il Liceo artistico si regge molto sulle rette d’iscrizione degli studenti (150 euro per 400 persone) e sul volontariato di studenti e genitori, che come in altri cicli di studi si organizzano con feste e mostre per raccogliere fondi da girare alla scuola sotto varie forme. Una sorta di volontariato “obbligato” volto a sopperire alle carenze determinate del Ministero dell’Istruzione.

 

Un volontariato “obbligato” anche per gli insegnanti, nelle cui retribuzioni non vengono riconosciute molte attività svolte nell’ambito della formazione dei ragazzi. Per far sentire la loro voce, quest’anno i docenti hanno deciso di sospendere tutte le uscite didattiche, le visite e i viaggi d’istruzione.

In tutte le aziende – spiega Francesca Magro, docente di discipline plastiche – la trasferta viene adeguata alle tariffe orarie. Ossia si tratta di un’aggiunta sul proprio stipendio di una certa cifra lorda, compresa la diaria per le spese vive. Ma a noi la diaria è stata tolta da anni. Avevamo un compenso per l’estero di 500 euro in più per un servizio con le classi 24 ore su 24. Cinque euro per le uscite didattiche in orario di lavoro e 7-8 euro per le gite di un giorno. Compensi ridicoli. Eppure tutto ciò ci è stato tolto completamente. Compreso il viaggio all’estero”.

 

Ma non è questo. O non è solo questo, sottolineano comunque studenti e professori. Il problema è che si è ai paradossi. Crescono le richieste da parte del Ministero per formare bene gli studenti senza che lo stesso fornisca gli strumenti adeguati per tramutare in realtà le aspettative sulla carta.

 

Se mancano i soldi, la scuola non può comprare l’argilla. Se manca l’argilla, i ragazzi non possono esercitarsi a modellare. Se non arrivano i soldi, la scuola non può comprare il toner. Se non c’è il toner gli studenti non possono stampare le immagini del grafico visivo. Mancano insomma i materiali di ordinario consumo che in un liceo artistico sono fondamentali.

 

“Ci vengono richieste anche attività extra curriculari – continua Magro – per organizzare le quali a settembre ci riuniamo per giorni. Poi arriva la circolare ministeriale sul blocco dei fondi. In questi anni abbiamo cercato di sopperire alle mancanze romane facendo progetti con Varese, Garbagnate, l’Unione europea eccetera, però adesso anche queste risorse non ci sono più”.

 

Di carenza in carenza, la preparazione della scuola è relativa e i ragazzi sono sempre meno preparati per affrontare l’Accademia o il Politecnico. “Una ballerina – afferma Francesca Magro – oltre ad avere talento e capacità deve esercitarsi otto ore al giorno. Se non lo fa, quando si esibisce a teatro la sua impreparazione si vede benissimo, perché invece di essere una libellula è un sacco di patate. La stessa cosa avviene qui. Essere artisti non è soltanto fare un quadretto o una scultura. Significa esercitarsi nella totalità delle arti durante la formazione. Al Politecnico, dove si studia moda, fanno la copia della modella nei primi sei mesi di lavoro e studiano la terza dimensione. Ti viene richiesta. Ma noi per risparmiare facciamo sparire la modella. Sempre per risparmiare sono state eliminate dai programmi le scienze naturali, mentre è fondamentale per un artista la conoscenza dell’anatomia”.

 

L’uomo d’arte è uomo di cultura e l’uomo di cultura sa amare la natura. Leonardo da Vinci, che passava ore nei boschi osservando piante e animali, insegna.

 

Noi viviamo in un ambiente – conclude Magro – che è a metà fra quello che è naturale e quello che è artificiale. I nostri ragazzi vivono prioritariamente in ciò che viene costruito dall’uomo. Sono due mondi paralleli che devono vivere in armonia. Se noi non insegniamo il senso dell’armonia e la convivenza di questi due mondi paralleli, non abbiamo imparato niente”.
Ombretta T. Rinieri