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Prepensionamenti. Editoria (Mondadori): Il governo non controlla, ma sono soldi pubblici.

IL FATTO 25/4/2010

 

Ristrutturazione per stato di crisi aziendale nonostante i 34 milioni di euro di utili netti prodotti nel 2009.
di Alfredo Faieta

 

Un sindacato che non controlla I’esecuzione di un accordo che riguarda
la sorte dei propri lavoratori è un organo sociale ben peggiore di un datore di lavoro che quegli accordi cerca di eluderli, o comunque di condurli a scopi che sono anche esterni a quelli dell’accordo stesso. E un ministero che pattuisce di non controllare se le parti sociali di un accordo sindacale stiano operando correttamente verso i dipendenti è un organo istituzionale che perde di vista il bene dei suoi cittadini, di cui si deve fare garante. Impossibile a verificarsi? Sembra proprio di no, a giudicare da quel che sta succedendo nella Mondadori della famiglia Berlusconi, nel bel mezzo di una ristrutturazione per stato di crisi aziendale nonostante i 34 milioni di euro di utili netti prodotti nel 2009 (la crisi in realtà ha colpito maggiormente altri grandi gruppi, in prìmìs Rcs e Il Sole 24 Ore).
Dove il comitato di redazione, il sindacato interno dei giornalisti, pare non stia vigilando sull’esatta applicazione del patto che prevede 82 esuberi tra prepensionamenti, pensionamenti e recessi incentivati. Dopo un mese di stato di crisi i recessi sarebbero già più di quanto stabilito, e nonostante ciò coloro che hanno raggiunto i 58 anni di età se non accettano il prepensionamento, che per legge è volontario, sono messi in cassa integrazione straordinaria, anche contro la loro volontà.
Una situazione che sta diventando sempre più pesante soprattutto a Panorama, dove ad esempio la redazione cultura è stata di fatto già azzerata e sopravvive solo con i contributi dei collaboratori, e dove si prevede che la redazione romana sia molto ridimensionata a fine programma. Il tutto nonostante proprio in questi giorni sia stato presentato il nuovo progetto del settimanale diretto da Giorgio Mulè.
Il ministero del Lavoro nicchia, forte di un accordo che lo esautora dal controllo, in capo alle parti: un patto sul quale pende ora un ricorso al Tar prodotto da un esperto di diritto amministrativo, l’avvocato Filippo Lubrano, assolutamente non convinto che il ministero possa chiamarsi fuori quando c’è di mezzo l’uso di denaro pubblico come nel caso della cassa integrazione straordinaria.
Il malumore tra i dipendenti è alto, e la novità è che presto il caso arriverà in Parlamento, grazie a due distinte interrogazioni presentate dagli onorevoli Vita, Zanda e Giulietti. Per il momento in azienda vige il motto: non disturbate il manovratore.

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