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Intercettazioni, si allarga il coro dei no

Si infiamma la protesta contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche. Il via libera arrivato mercoledì notte dalla commissione Giustizia del Senato, ha risvegliato la contestazione, per la verità mai sopita. Parole di condanna e propositi di ferma opposizione sono arrivate un po’ da tutte le parti: dalla minoranza politica alle organizzazioni dei giornalisti, a quelle degli editori, fino alla popolazione civile e al popolo della rete. Proprio quest’ultimo aprirà “le ostilità” con una manifestazione di fronte a Montecitorio, al via oggi (21 maggio) alle 14. Sarà una “maratona oratoria” come l’anno definita gli organizzatori del Popolo viola. Durante il sit-in, infatti, sarà allestito uno “speaker’s corner” dal quale ciascuno potrà esprimere il proprio dissenso, mentre i manifestanti si presenteranno all’appuntamento imbavagliati. Oltre all’evento di Roma si stanno moltiplicando le proteste contemporanee nelle altre città d’Italia, tra cui Parma, Monza, Trieste, Napoli, Palermo, Genova, Cagliari e Savona. L’avvicinamento alla protesta è stato preparato attraverso raccolte firme diffuse su vari spazi online. Il sito “No Bavaglio” ha raccolto oltre 76mila nominativi ad un appello redatto, tra gli altri, dal costituzionalista Valerio Onida. Altre sottoscrizioni importanti sono state aperte sul sito della edizioni Laterza e su quello dell’associazione Articolo 21. Senza contare i tantissimi gruppi nati su “Facebook” che stanno raccogliendo il malcontento della rete. Oltre ai movimenti nati sul web, la protesta è sostenuta con forza da sindacati e associazioni. Dagli editori della Fieg e della Aie ai giornalisti della Fnsi, dai magistrati dell’Anm fino agli ambientalisti di Legambiente che parlano di “un regalo alle ecomafie”. Particolarmente dura la reazione del sindacato dei giornalisti, che in una nota firmata dal segretario generale Franco Siddi ha chiamato i giornalisti alla mobilitazione permanente. La Fnsi ha invitato “i comitati di redazione a segnalare ogni giorno tutti i casi di notizie che d’ora in poi saranno interdette, se la legge avrà il varo definitivo, a fare ancora più informazione sulle vicende che si vogliono oscurare e a chiedere ai direttori di listare a lutto le loro testate finché non ci sarà un ravvedimento nel corso dell’ulteriore processo parlamentare”. Tra i partiti politici, l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro ha già annunciato la sua partecipazione, mentre messaggi di solidarietà sono arrivati da esponenti del Pd vicini alla tematica. Le norme del provvedimento che più fanno discutere sono l’inasprimento delle sanzioni per gli editori, che passano da 64mila fino a 464mila euro per la pubblicazione di tutti gli atti di indagine fino al termine dell’inchiesta e all’avvio del processo. I media potranno comunicare solo se una persona è indagata e a dare conto delle eventuali ordinanze di custodia cautelare. Il divieto delle riprese durante i processi senza il consenso di tutte le parti. Infine la cosiddetta “norma D’Addario” che vieta registrazioni e riprese senza l’autorizzazione preventiva dell’interessato, norma che è stata modificata e che non riguarderà i giornalisti. Ritirato invece l’emendamento 1.2008 che prevedeva l’inasprimento delle pene per i giornalisti che pubblicano notizie non pubblicabili sulle inchieste giudiziarie. La marcia indietro del governo su questo passaggio, annunciata dal relatore del provvedimento, il senatore Pdl Roberto Centaro, è un primo successo per gli oppositori del Ddl. La strada verso un accordo, però, è ancora molto lunga e tutta in salita.
Da ‘Informa’ Agenda del Giornalista