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“Così salveremo il borgo di Castellazzo”

Il  progetto di Legambiente: scuole, agricoltura, commercio e la valorizzazione di villa Arconati

P1000412BOLLATE – Dopo vent’anni di diffidenze e immobilismo, tutti intorno a un tavolo alla ricerca delle soluzioni possibili per Castellazzo. A fare il miracolo è stata Legambiente, che l’altra sera a Villa Arconati ha presentato un progetto commissionato sul riuso della piccola “Versailles lombarda”.

 

Si tratta di un’altra ipotesi di lavoro intorno alla quale lavorare oltre a quella presentata nei giorni scorsi dall’architetto Gae Aulenti  per conto della Gaussiana, che aveva il grande difetto di fuorviare la discussione sulla speculazione immobiliare.

 

A Castellazzo sono giunti la soprintendente ai beni ambientali e architettonici di Milano Carla Di Francesco, il sindaco Giovanni Nizzola, il direttore del Parco delle Groane Fabio Lopez, il docente di teorie e storia del restauro del Politecnico Amedeo Bellini, lo studioso del centro studi Pim Pierluigi Roccattagliata e il presidente di Legambiente Lombardia Andrea Poggio.

 

Il progetto del Cresme, il più accreditato centro di ricerca per le valutazioni economiche del patrimonio storico culturale, illustrato da Sandro Polci, tiene conto della vocazione culturale insita della Villa che in seguito al restauro potrebbe diventare luogo per eventi congressuali, di spettacoli e d’occasione, di artigianato, e di formazione, della vocazione al lavoro lombarda che potrebbe esprimersi in attività agricole, artigianali e commerciali.

 

Polci ha inteso sottolineare l’importanza di imprimere nell’azione integrata di riqualificazione di Villa Arconati e del suo borgo un’impronta gestionale. Indicati quindi un team di trenta persone per il controllo, l’organizzazione e la manutenzione del complesso e un indotto di circa duecento persone necessario all’animazione delle varie attività.

 

S’ipotizza anche la presenza di una scuola che lavori sul bene culturale e che potrebbe ripagarsi gli spazi provvedendo specificatamente alla manutenzione della villa. Così facendo l’attività di manutenzione non sarebbe un costo nell’economia, ma diventerebbe una prestazione.

 

Il laboratorio con un corpo insegnanti qualificato e studenti che sempre più vengono richiesti sul mercato del restauro e della riqualificazione, che potrebbero così esercitarsi in Villa Arconati. Il fatto inoltre che decine di persone abitino gli spazi consentirebbe di rendere “vivo” il luogo quotidianamente e non solo nei fine settimana.

 

Nel progetto Cresme e di Legambiente prevede anche un ticket di ingresso da 3mila lire, che potrebbe portare a circa un miliardo di utili l’anno, somma di 4 miliardi di costo e 5 di entrate. Ma tutto ciò, ovviamente, sarebbe possibile solo successivamente al restauro di Castellazzo.

 

E qui arrivano le dolenti note. Non avendo avuto la possibilità di fare sopralluoghi personali, Polci ha dovuto prendere per buona la cifra di 64 miliardi per il restauro indicata nel progetto di Gae Aulenti con un tasso d’interesse del 5 per cento e lavorare su questa somma per andare a individuare il punto di equilibrio fra gli investimenti immediati e quelli che si andranno a realizzare. Nel caso la somma fosse interamente sostenuta dal privato, il punto di equilibrio verrebbe raggiunto al 109esimo anno di attività.

 

Nel caso dell’intervento pubblico con un finanziamento del trenta per cento, il punto di pareggio si abbasserebbe al 73esimo anno, in  caso di finanziamento al 50 per cento ci si abbasserebbe ulteriormente a 50 anni e in caso per il 70 per cento il pareggio verrebbe raggiunto dopo 29 anni. Ma contro il dato di partenza di quei 64 miliardi per il restauro,  molti hanno espresso dei dubbi. Soprattutto dopo che nel suo intervento la soprintendente ha affermato che a suo parere il complesso architettonico di  Castellazzo è in buone condizioni tanto che non avrebbe bisogno di grandi interventi di ricostruzione.

Ombretta T. Rinieri

(Prealpina – 8 giugno 2001 – pag. 11)

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