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Come un’orchidea

delicata in apparenza ma forte nell’essenza

come-un-orchideaMILANO – Lei non è superwoman. Non compie attività particolari come volare con il parapendio, non si getta con la fune da un grattacielo, non fa lavori maschili  per dimostrare che non ci sono barriere fra i sessi. Lei è semplicemente una donna come molte altre, con le mille cose da fare tra casa e lavoro, con le sue gioie e i suoi dispiaceri, con i suoi amori e le sue solitudini, con le sue angosce e le sue speranze. E i suoi percorsi dolorosi come l’aver affrontato il cancro, vincendolo. Per ben due volte.

Eppure lei è una ‘grande’, perché Marzia Pinotti ci racconta con una semplicità disarmante nell’autobiografia “Come un’orchidea”,  cosa significhi affrontare un tumore maligno. Ella si mette a nudo affinché il suo viaggio diventi il viaggio di tante altre persone che come lei   hanno affrontato, affrontano o affronteranno la malattia. Nel raccontare la sua vicenda, Marzia insegna a combattere i tormenti interni per trasformarli in una forza nuova capace di farti resistere quando invece,  stanca,  vorresti quasi mollare.  Insegna a non lasciarsi andare davanti alla freddezza professionale con cui qualche medico tratta i suoi pazienti. Medici così altezzosi e  indifferenti al dolore da non parere vero che svolgono quella professione.

Ma Marzia,  la  prima battaglia la compie contro la disinformazione. Pervicacemente vuole capire cosa sono la laparoscopia, la linfografia, l’anticorpo monoclonale, i recettori negativi, la scintigrafia ossea o l’angio-scintigrafia, il taxtotere, la chemio rossa e quella gialla o perché bisogna alternarle. Chiede, chiede e richiede finché non ottiene le sue risposte. Sapere la fa sentire un po’ meglio, perché così sa cosa deve affrontare.

La seconda battaglia la compie con se stessa e il suo corpo che cambia.    Ha solo quindici anni quando si ammala la prima volta. Nel pieno della sua adolescenza sperimenta la caduta dei capelli: “Ero un kojac in gonnella – racconta – anzi con i jeans!”. E scrive alla sua amica immaginaria Bea: “Non so se puoi comprendere come mi sono sentita quando ho iniziato a perdere tutti i capelli, costretta a indossare una parrucca. Avevo quindici anni soltanto. Ho continuato ad andare a scuola, pensando che nessuno sapesse che i miei capelli non erano veri. Ma tutti ne erano a conoscenza, l’ho scoperto tempo dopo, a distanza di anni, e me ne vergogno ancora. Loro pensavano a divertirsi, a godersi, come è giusto che sia, la loro età; io invece dovevo combattere. Il venerdì facevo la mia cura, stavo malissimo tutto il giorno, ma il giorno dopo andavo a scuola di nuovo. Ero una secchiona”. Ecco l’orchidea, delicata in apparenza, ma forte nell’essenza, come recita il sottotitolo del libro di Marzia.

marzia1 - CopyPoi a distanza di anni, nel 2009, Marzia si ammala nuovamente: “Adesso mi chiedo: ma io voglio guarire? Sinceramente non lo so. Mi dicono di pensare positivo, di non abbattermi, ma in un periodo della mia vita in cui non ho nulla, come faccio e dove trovo la volontà di andare avanti? Non ho un lavoro, dopo nove anni licenziata per chiusura attività e non mi sono stati pagati neanche gli ultimi tre mesi. Bel ringraziamento!”.  E siccome i mali non vengono mai da soli, c’è anche la storia con il ‘lui’ che non funziona: “Lui è in crisi e io soffro”.

La salute non va, il lavoro non va, l’amore non va. Marzia affronta tutto questo e mentre va su e giù per gli ospedali, tra una terapia e l’altra, mentre si chiede “Perché tutto è così ingiusto? Perché ci si deve ammalare?”  incontra altre donne che stanno affrontando il suo stesso percorso, familiarizza con loro, stringe amicizie con il personale paramedico e conosce degli oncologi così umani che la riconciliano con la categoria.  Prende confidenza con la sua terapia (Mi tocca “Hercy”. Non ho nessuna voglia ma mi dovrà tener compagnia per un annetto, quindi è meglio prenderlo in simpatia”) e quando entra in crisi scaccia i brutti pensieri, pensando: “C’è chi sta peggio di me”, e va avanti.  In  ospedale scopre le volontarie di un’associazione che procura parrucche gratuitamente e le clienti del loro ‘salone di bellezza’. In Internet si iscrive al gruppo “Dure come muri. Il cancro al seno non ci fa paura”  e all’associazione di volontariato “Cuori di Donna” ‘ e così conosce  tante ‘sister‘.

Marzia non è più sola. Marzia è coraggiosa. Marzia è forte. Marzia ce l’ha fatta. Oggi lavora, ha scoperto di avere fantasia e manualità e realizza come hobbista bellissimi oggetti e gira a presentare il suo libro nelle città e cerca di sensibilizzare anche le autorità sui problemi che incontrano i malati oncologici. Per esempio, il 30 ottobre scorso, in un incontro a Buscate, organizzato dal comune e dalla Fondazione per leggere ha incontrato il direttore generale dell’Asl Milano 1 Giorgio Scivoletto e il vice presidente della Regione Lombardia e assessore alla salute Mario Mantovani).

Oggi Marzia lavora a un progetto: vorrebbe incontrare nelle scuole i ragazzi per parlare con loro di salute. Marzia ama la musica. Le note sono parte integrante della sua vita: nel suo libro molte le parole citate di Jovanotti, Vasco Rossi, Jim Morrison, dei Subsonica e altri ancora. A Marzia, così forte e fragile,  bisognerebbe dedicare una canzone.

Ombretta T. Rinieri